Le contraddizioni dello stato sociale

AutorAnna María Nico
Cargo del AutorOrdinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi
Páginas289-300

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I La crisi económica e le crescenti diseguaglianze

II tema assegnatomi contiene una pluralitá di profili che involgono un insieme di problematiche che sollecitano molteplici riflessioni. II titolo stesso del progetto é un coacervo di questioni non facile da districare.

In particolare la prima considerazione che non puó sottacersi qualora l'ango-lo visuale di partenza sia la forma di Stato sociale é la ricerca delle ragioni per le quali nell'attuale contesto storico, dopo quasi 70 anni dallentrata in vigore della Costituzione italiana, ci si interroghi ancora sulla attuazione dello Stato sociale o, peggio, sui rimedi per conteneré la esclusione sociale. Una prima e sommaria ris-posta a tale interrogativo potrebbe rinvenirsi nel fatto che il diritto (costituzionale), che ha disegnato sulla "Carta" lo Stato sociale, si é rivelato cedevole1 dinanzi ai principi tipici dei modelli di stampo liberista. Ed é da tale punto di osservazione che si intendono prospettare alcune riflessioni.

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Come noto, il dibattito su tali temi é diventato particularmente significativo in seguito alia pesante crisi económica che ha investito non solo l'Europa. Una sintética ricostruzione per ápices rivela come la crisi nella quale siamo ancora coinvolti abbia avuto inizio, dopo il secondo conflitto mondiale, con la nascita di organizza-zioni sovranazionali a carattere prevalentemente funzionalistico e, soprattutto, per effetto della sempre piú determinante influenza che le richiamate dottrine liberis-te hanno avuto sulle organizzazioni mondiali di tipo economico-finanziario come il Fondo monetario internazionale, l'Accordo mondiale sul commercio e la Banca mondiale, e cosi via.

Inoltre, la volontaria limitazione di sovranitá normativa ed económica2 a favore di entitá sovranazionali a carattere regionale come l'Unione europea3 ha dato vita, poi, ad un modello istituzionale peculiare, con strutture sovrastatali, un sistema di fonti del diritto proiettato direttamente negli ordinamenti statali, un articolato ven-taglio di competenze in campo económico ed un sistema giurisdizionale, il quale ha contribuito airaffermazione di un diritto giurisprudenziale che ha favorito il raffor-zamento dell'unione sovranazionale complessivamente intesa e, per quanto di sua pertinenza, la riduzione dellesercizio della sovranitá statale.

La crisi economico-finanziaria del 2007/20084 ha, poi, per dir cosi, dato il "colpo di grazia" alia sovranitá económica - che, é bene ricordare, é anche sovranitá politica5 -la quale ha dovuto subiré ulteriori arretramenti soprattutto per effetto di una

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normazione demergenza (le ormai tristemente note politiche di austeritá) che ha "costretto" gli Stati a diventare meri esecutori di politiche di risanamento dei bilanci pubblici e dei debiti. Tali interventi hanno contribuito a produrre fratture e disu-guaglianze sociali soprattutto nei Paesi a basso reddito e giá in difficoltá di ordine finanziario. Ció ha progressivamente minato le basi dello Stato e della sua sovrani-tá, ma non soppiantato6, soprattutto in campo económico, con pesanti ricadute sul piano sociale.

Cosí "con lesplosione della crisi, gli Stati, soprattutto quelli con assetti costituzio-nali socialmente orientati, sonó rimasti sempre di piú ai margini delle decisioni inerenti il governo delleconomia e l'Unione europea non ha agito in forma sussidia-ria dinanzi alie richieste dei medesimi a basso Índice di crescita (tra i quali iTtalia), ignorando, ad esempio, lesistenza di tassi di disoccupazione molto alti (oltre quello naturale)"7.

La crisi económica europea e mondiale ha in sostanza inciso profundamente sulle finalitá perseguite dalla Costituzione italiana ed anche su quelle enuncíate nei Trattati europei. Piú in radice la pars destruens del processo di integrazione ha toc-cato non solo la tavola dei valori costituzionali che ha ritenuto céntrale la "questione sociale" mettendola in stretta relazione ai diritti, non solo quelli fondamentali, ed ai rapporti economico-sociali, ma anche il modello dei Trattati europei orientato verso leconomia sociale di mercato. Le innovazioni introdotte poi dal Trattato di Lisbona si sonó rilevate inidonee a garantiré un esito conforme alie prospettive delle Costituzioni sociali degli Stati membri dell'U.E. In tale contesto é cresciuta sempre piú profundamente la sfiducia verso il processo di integrazione europea misura-bile nei passaggio, nell'arco temporale di soli dieci anni circa, dal progetto di una "Costituzione" per l'Europa8 alia Brexit.

Sulle risorse degli Stati giá fortemente compromesse dalla crisi sonó, quindi, rica-duti interamente gli oneri e le iniziative per far fronte ai diritti sociali, con la con-seguenza che anche laddove era possibile intervenire efficacemente gli Stati hanno giustificato la loro inazione con la mancanza di risorse o con l'alibi desequilibrio di bilancio (art. 81 Cost), senza tener contó, come ha ribadito la Corte costituzionale, che "é la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non lequili-brio di questo a condizionarne la doverosa erogazione"9.

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2. Stato sociale ed esclusione sociale: una evidente contraddizione

La miope prospettiva europea, da un canto, e la supina accettazione degli Stati del rispetto desequilibrio di bilancio richiesto dall'Unione europea10, dall'altro, hanno messo in discussione lo Stato sociale ed in particolare la sua parte caratterizzante: lattuazione dei diritti sociali. II tema di fondo si é spostato, quindi, sulla questione dei limiti oltre i quali lo Stato sociale non puó recedere per non negare la propria esistenza.

Il problema, come noto, non ha ununica soluzione perché risulta essere altamente complesso stabilire il livello "essenziale" dello stato di benessere di una societá11, soprattutto quando si é in presenza di una situazione caratterizzata dalla scarsezza delle risorse finanziarie. Tuttavia, se come é stato osservato, i diritti sociali sonó nati alio scopo di elidere i conflitti della comunitá12, abbassare la soglia di attuazione degli stessi significa, in sostanza, riaccendere la miccia del sopito conflitto. Perché ció possa essere evitato lo Stato deve garantiré leguaglianza sostanziale preservando i diritti sociali e garantendo la loro attuazione a maggior ragione nei momenti di crisi. Al contrario e paradossalmente "le risorse finanziarie diminuiscono, o sonó minori, o scarse, proprio, e quasi naturalmente, nei riguardi dei diritti sociali, che, invece, proprio nei rispetto dei principi costituzionali (...) dovrebbero essere pro-tetti per primi"13, in quanto il loro sacrificio incide sulla "pari dignitá sociale" che risulta in tal modo lontana dallessere realizzata, causando una maggiore apertura della forbice della diseguaglianza con intuibili conseguenze sulla dignitá di ogni singólo individuo e, altresi, perché incide piú diffusamente su una cerchia piú estesa di "societá". Quando la "pari dignitá sociale" non é effettiva ma rimane un merofla-tus voci, la política si trova come Eracle al bivio: o alzare l'asticella della garanzia dei diritti sociali attraverso politiche economiche adeguate superando la formula "dei limiti delle risorse disponibili" quale causa di giustificazione alia mancata attuazione dei diritti sociali stessi, oppure ammettere che lo Stato sociale é una utopia evitando di ingenerare l'illusione che i diritti sociali siano garantiti e tutelati.

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E' noto, con riguardo al peso económico dei diritti, che tutti i diritti costano, anche i diritti di liberta, sebbene il costo di questi ultimi sia meno agevolmente quantificabile ed il loro sacrificio sia meno direttamente percepito14. I diritti sociali, al contrario, nei momenti di crisi sonó sempre i primi a pagare le spese15 e, proba-bilmente, una delle ragioni della loro naturale compressione non puó escludersi sia riconducibile ad una questione, per cosi diré, "genética", nel senso che giá alia loro nascita sonó in qualche modo destinati "a subiré". Come una attenta dottrina ha evidenziato16, nellbrdinamento italiano dalla entrata in vigore della Costituzione i diritti sociali sonó stati variamente soggetti a diverse condizioni: una prima é riconducibile alia loro "nascita" in quanto, sebbene previsti dalla Costituzione, necessi-tavano di attuazione legislativa; una seconda é ricollegabile ai doveri costituzionali; un'ultima, possibile anche dopo la loro attuazione, é riveniente dalle scarse risorse economiche e finanziarie e dalla necessitá di rispettare lequilibrio di bilancio.

In questo ultimo caso, la circostanza che lo Stato, in un certo senso, possa "sos-pendere" o variamente "condizionare" i diritti sociali giá garantiti é una questione particolarmente awertita per la societá forse anche di piú che nell'ipotesi della sola programmata attuazione. In altre parole, la stabilitá di una societá risulta maggior-mente compromessa in termini di possibili conflitti sociali qualora si configuri una "regressione" dei diritti piú di quanto non accada nella "sola" prospettiva del loro ampliamento. Al di lá, pero, della percezione sociale, la questione giuridica di primaria importanza sotto il profilo costituzionale é se sia legittimo condizionare o sospendere i diritti sociali in uno Stato sociale, tanto piú quando il condizionamen-to deriva dalla indisponibilitá delle risorse finanziarie che rivengono da "imposizio-ni" dettate dalle limitazioni di sovranitá.

Ammettere che i diritti sociali possano essere condizionati significa, in sostanza, consentiré che la stessa forma di Stato possa essere a sua volta condizionata; ipoti-zzare uno "Stato sociale condizionato", significa, in definitiva, mettere in dubbio la esistenza stessa dello Stato sociale poiché in tal modo si incide...

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