Per una politica 'a misura d'uomo'. Brevi note sul pensiero di Mably

AutorAnnalisa Furia
Páginas473-478

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Come evidenziato nella vasta molte di volumi, saggi o interventi che si sono confrontati, e continuano a confrontarsi, in senso più o meno critico e corrosivo, con lo studio del pensiero illuminista, il rapporto con questo ricco e complesso insieme di idee e fatti non cessa di essere problematico e controverso a causa della profonda e radicale influenza che esso ha avuto, e ha, sul pensiero, sui principi e sulle istituzioni attraverso i quali e nei quali il mondo occidentale si pensa e si ordina.

Per quanto l’Illuminismo non possa essere inteso né come un sistema di pensiero, né come frutto della sommatoria, del cumularsi e sovrapporsi del pensiero dei grandi personaggi che ne hanno costellato il percorso, o meglio i percorsi, la più ampia e rigorosa comprensione del pensiero e degli intenti di alcuni dei suoi protagonisti rappresenta sicuramente un assunto imprescindibile per qualsiasi tentativo di analisi e critica della sua eredità.

Ciò è tanto più vero quando a essere indagato e ricostruito nella sua ricchezza è il pensiero di un autore la cui opera è stata spesso, sia dai suoi contemporanei sia da alcuni interpreti successivi, fraintesa o superficialmente e parzialmente considerata e, per un lungo periodo, ampiamente dimenticata, come è accaduto nel caso di Gabriel Bonnot, futuro abate di Mably e fratello maggiore di Etienne Bonnot de Condillac, il più noto tra i filosofi sensisti.

Soprattutto, ciò è tanto più vero quando a essere indagato è il pensiero di un autore che fa del confronto con la complessità della natura umana e del contesto storico e istituzionale nel quale gli uomini sono educati, vivono ed entrano in relazione, la cifra fondante del suo percorso di analisi e di riforma e che, nell’epoca della ragione trionfante, propone, come illustra Fernanda Mazzanti Pepe nel suo ricco e articolato volume, un modello di razionalità ben diverso da quello prevalente nell’età dei lumi, fondato non su una ragione creatrice e onnipotente ma su una “ragione più umana, consapevole dei suoi limiti” (Mazzanti Pepe, p. 170).

Il rilevante contributo dell’ultimo lavoro di Mazzanti Pepe, nel quale l’Autrice raccoglie e ordina alcuni dei suoi interventi, in parte già separatamente pubblicati, dedicati allo studio dell’opera di Mably, mi sembra dunque si basi

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sulla sua capacità di proporre una lettura complessiva e fondata su un’accurata ricognizione bibliografica delle opere dell’abate, in grado non solo di restituire la ricchezza e fondante coerenza contenutistica e metodologica del suo percorso di indagine, ma anche di evidenziare come nelle interpretazioni, a lui contemporanee o successive, si sia teso, volta a volta con fini elogiativi o censori, a privilegiare i contenuti e i principi proposti dall’abate, e a prestare nulla o scarsa attenzione al fondante impianto metodologico nell’ambito del quale egli li intendeva ed elaborava.

La specificità e modernità dell’approccio proposto dall’abate di Mably risalta invece in tutta la sua peculiarità se si prova a confrontarlo con quello elaborato, in particolare nelle sue riflessioni prerivoluzionarie, da un altro abate la cui rilevante influenza sul linguaggio e su alcuni degli esiti principali della rivoluzione è ampiamente riconosciuta, ovvero l’abate Sieyes.

Per quanto li separi quasi mezzo secolo, Mably nacque infatti nel 1709 e morì nel 1785 mentre Sieyes nacque nel 1748 e morì nel 1836, entrambi furono fatti oggetto di giudizi contrastanti e mutevoli da parte dei confrères e degli interpreti successivi, all’opera di entrambi è riconosciuta una consistente influenza sulla progressiva definizione dei contenuti e degli strumenti rivoluzionari, tanto che dell’uno è stato detto che ha fornito il “copione” (Mazzanti Pepe, p...

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