L'Utilizzazione commerciale delle unità da diporto e la riforma del 2017 del codice della nautica da diporto in Italia

AutorMichele M. Comenale Pinto
Páginas141-156
L’UTILIZZAZIONE COMMERCIALE DELLE UNITÀ
DA DIPORTO E LA RIFORMA DEL 2017 DEL CODICE
DELLA NAUTICA DA DIPORTO IN ITALIA *
Michele M. COMENALE PINTO
Ordinario di diritto della navigazione
nell’Università degli Studi di Sassari
ABSTRACT: The study focuses on the new legal regime of commercial use of recre-
ational crafts according to the recent reform of 2017 of the Italian code of rec-
reational navigation, pointing the lack of clarity of some choices adopted by the
law-maker.
Keywords: recreational crafts; Italian code of recreational navigation; commercial use
of recreational crafts.
SOMMARIO: I. LA DISCIPLINA DEL DIPORTO NAUTICO IN ITALIA.—II. L’UTILIZZAZIONE COM-
MERCIALE DELLE UNITÀ DA DIPORTO SECONDO LA RIFORMA.—III. ALTRE UTILIZZAZIO-
NI.—IV. AMMISSIBILITÀ DI CONTRATTI ATIPICI.—V. IL MEDIATORE PER IL DIPORTO.—
VI. LA DICHIARAZIONE DI ARMATORE.
I. LA DISCIPLINA DEL DIPORTO NAUTICO IN ITALIA
Nel codice della navigazione del 1942 e nella codif‌icazione anteriore 1, manca-
va una disciplina compiuta della navigazione da diporto 2, così come delle infra-
* Trabajo realizado en el marco del Proyecto de Investigación «El transporte como motor del desa-
rrollo socio-económico: soluciones legales», f‌inanciado por el Ministerio de Economía y Competitividad
(Ref. DER2015-65424-C4-1-P) y cof‌inanciado por el Fondo Europeo de Desarrollo Regional.
1 Si può tuttavia richiamare il precedente degli anni Trenta del secolo scorso (con ambito appli-
cativo comunque piuttosto circoscritto) del R.d.l. 9 maggio 1932, n. 813, recante «Disposizioni sulla
circolazione dei motoscaf‌i e delle imbarcazioni a motore», che non legava il suo ambito di applicazione
al f‌ine della navigazione, ma soltanto alla tipologia dell’unità impiegata (motoscafo od imbarcazione con
(Vid. nota 2 en página siguiente)
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strutture dedicate 2alla nautica 3. La lacuna, che pure era avvertita 4, ha iniziato ad
essere colmata soltanto negli anni Settanta del secolo scorso, con la l. 11 febbraio
motore entro e fuori-bordo). Peraltro, la disciplina in questione non incideva sugli aspetti privatistici, se
non per quanto concerneva i passaggi di proprietà di motoscaf‌i ed imbarcazioni immatricolati.
2 Per indicazioni e richiami bibliograf‌ici sullo svolgimento storico che ha condotto alle odierne
vicende della codif‌icazione della disciplina della nautica da diporto, si rinvia a m. m. comenale PinTo,
e. G. rosafio, Il diporto come fenomeno diffuso: problemi e prospettive del diritto della navigazione,
saggio introduttivo del volume collettaneo a loro cura Il diporto come fenomeno diffuso Problemi e
prospettive del diritto della navigazione, Roma, 2015, IX, ivi, XIII ss. e relative note. Sugli aspetti
generali v. altresì: u. la Torre, a. l. m. sia (a cura di), Diporto e turismo tra autonomia e specialità,
Roma, 2014; m. m. comenale PinTo, e. G. rosafio (a cura di), Il diporto come fenomeno diffuso, cit.
V. anche il testo teorico-pratico di a. raiola, Manuale di diritto della navigazione da diporto, Pisa,
2016. A suo tempo v. e. sPasiano, L’esercizio della nave da diporto, in Riv. dir. nav., 1969, I, 273. In
effetti, il codice della navigazione del 1942, come risultato di un confronto sull’ambito di applicazione
del nuovo codice, che, nello specif‌ico, aveva visto soccombente la tesi di Antonio Scialoja circa la ne-
cessità di sottomettere ad esso anche il diporto (G. PescaTore, Codice della navigazione e disciplina
speciale del diporto, in Scritti in onore di Salvatore Pugliatti, II, Milano, 1978, 773, ivi, 776), si limitava
a dettare poche norme, eminentemente di natura pubblicistica (artt. da 213 a 218), f‌inalizzate ad age-
volare l’attività, sottraendo «a taluni obblighi e oneri i soggetti interessati alla navigazione da diporto,
la quale; nell’ambito del codice, assumeva f‌isionomia indef‌inita, sulla scia, con qualche miglioramento
tecnico, dall’allora vigente legge 9 maggio 1932, n. 813» (così G. PescaTore, Codice della navigazione
e disciplina speciale del diporto, cit., 774). Occorre tuttavia menzionare l’opinione che aveva ritenu-
to la disciplina del codice della navigazione del 1942 in tema di diporto «più complessa e severa» di
quella del 1932: l. Geraci, La disciplina giuridica della navigazione da diporto alla luce della nuova
proposta di riforma, in Corti di Brescia, Venezia e Trieste, 1968, 106. Nella Rel. min. c. nav., al § 123, il
Guardasigilli comunque chiosava «Mi è parso opportuno riunire in uno speciale capo le norme relative
alla navigazione di diporto [...]. Queste norme sono intese a stabilire un ordinamento più semplice e
snello per quanto concerne la navigazione da diporto ai f‌ini di agevolarne lo sviluppo, che così notevoli
ripercussioni ha non soltanto dal punto di vista sportivo e turistico». Le prime tre norme del codice della
navigazione in tema di diporto (artt. 214/217) erano riferite al comando dalla condotta, una (art. 216)
riguardava il personale di camera e di famiglia (e, dunque, seppure riferita ad unità con limiti di stazza,
rispettivamente di 25 TSL se a motore, e 50 TSL, se a vela, sembra dovesse riguardare unità comunque
dimensionalmente non minime); le ultime due (artt. 217 e 218) erano riferite, rispettivamente alla co-
struzione ad opera di associazioni nautiche riconosciute ed alla pesca non effettuata a scopo di lucro.
L’art. 66 c. naut. dip. ha espressamente abrogato tutte le testé menzionate previsioni dettate dal codice
della navigazione in materia di diporto, con l’eccezione dell’art. 217, che era comunque da ritenersi
abrogato implicitamente dalla diversa discipline che dettava in materia l’art. 4 della l. n. 50 del 1971, a
sua volta abrogato dall’art. 3 della l. 26 aprile 1986, n. 183.
3 Il dibattito sull’esigenza di dotarsi di un quadro normativo specif‌ico per le infrastrutture del di-
porto, differenziato rispetto a quello dei porti destinati al traff‌ico mercantile, in Italia è pure risalente ad
oltre mezzo secolo orsono, quando già era pienamente maturata la consapevolezza delle peculiarità dei
servizi da approntare: cfr. in generale Atti del convegno nazionale «Per un sistema dei porti turistici in-
serito nella realtà territoriale regionale e nazionale» (Napoli, Mostra d’Oltremare, 3, 4, 5 ottobre 1968),
I, Napoli, s.d. (ma 1971). In tema v. altresì e. Belardinelli, Problemi attuali dei porti turistici, Milano,
1970, 21; l. faBiani, Gli approdi turistici nella problematica giuridica, Milano, 1972, 8. Tuttavia, dopo
il riordino della disciplina portuale di cui alla l. 28 gennaio 1994, n. 84, che aveva lambito la proble-
matica, riferendosi nell’art. 4, comma 3, alla funzione «turistica e da diporto» (e che è stata oggetto a
sua volta di una incisiva riforma con il d. lgs. 4 agosto 2016, n. 169, che non ha tuttavia interessato la
materia a cui stiamo riferendoci), la prima def‌inizione normativa di «porto turistico» (insieme a quelle
di «approdo turistico» e «punto di ormeggio») risale soltanto all’art. 2, comma 1, del d.P.R. 2 dicembre
1997, n. 509, con cui è stato adottato il «Regolamento recante disciplina del procedimentodi conces-
sione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto,
a norma dell’articolo 20, comma 8, della l. 15 marzo 1997, n. 59» (oggi vigente nel testo novellato
dall’art. 55 del d. lgs. 3 novembre 2017, n. 229), con l’inclusione nella nozione di «punto di ormeggio»
di cui alla lett. c, delle aree (demaniali marittime) destinate al rimessaggio «anche a secco» di piccole
imbarcazioni e natanti da diporto. Sul processo evolutivo della disciplina, v. per tutti (con ulteriori rife-
rimenti bibliograf‌ici) G. Pruneddu, Infrastrutture per la nautica da diporto, in Trattato breve di diritto
marittimo, coordinato da A. Antonini, IV, Milano, 2013, 3.
4 V. in proposito l. Geraci, La disciplina giuridica della navigazione da diporto alla luce della
nuova proposta di riforma, cit., 103.

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