Fiscalita' e tutela del patrimonio storico in Italia

AutorFederico Solfaroli Camillocci
Cargo del AutorTax Affairs UniCredit S.p.A. - Roma
Páginas107-139

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1. I Beni culturali nella costituzione e nel codice dei beni culturali e del paesaggio

L’art. 9 della Costituzione Italiana stabilisce che «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». Tale articolo –inserito tra i Principi fondamentali della Carta– assegna, quindi, alla Repubblica due funzioni essenziali nel campo della cultura, quella di promozione e quella di tutela1.

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La funzione di tutela dei beni culturali è riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, mentre quella di valorizzazione nonché quella di promozione e organizzazione di attività culturali è affidata alla legislazione concorrente delle Regioni2.

La stessa Costituzione, all’art. 118, nell’attribuire le funzioni amministrative a Stato ed enti locali secondo un principio di sussidiarietà «verticale» (devoluzione ai livelli di governo più vicini ai cittadini), prevede che nella tutela dei beni culturali la legge statale possa disciplinare «forme di intesa e coordinamento» tra livelli amministrativi centrali e periferici; lo stesso articolo dispone, inoltre, che «Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà», inteso quest’ultimo in senso «orizzontale» in quanto operante nei rapporti tra soggetti pubblici e componenti dello Stato-comunità.

Il Codice dei beni culturali e del paesaggio, approvato con Decreto Legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 (di seguito «Codice»), definisce la tutela quale attività diretta all’individuazione dei beni costituenti il patrimonio culturale, allo scopo di predisporre le misure necessarie alla loro protezione e conservazione per fini di pubblica fruizione (art. 3). Per valorizzazione si intende, invece, l’insieme delle funzioni e delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del medesimo, senza che ne risultino tuttavia pregiudicate le esigenze di tutela (art. 6).

Peraltro, la valorizzazione del patrimonio culturale non è riservata ai poteri pubblici. L’art. 111, comma 2, del Codice prevede, infatti, che la va-

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lorizzazione può essere a iniziativa pubblica o privata. La valorizzazione a iniziativa pubblica deve conformarsi ai principi di libertà di partecipazione, pluralità dei soggetti, continuità di esercizio, parità di trattamento, economicità e trasparenza della gestione. La valorizzazione ad iniziativa privata è attività socialmente utile e ne è riconosciuta la finalità di solidarietà sociale.

Il Codice prende, altresì, in esame l’attività di gestione dei beni culturali (non menzionata dalla Costituzione) collocandola all’interno delle norme sulla valorizzazione. L’art. 115, in particolare, dispone che le attività di valorizzazione dei beni culturali di appartenenza pubblica sono gestite in forma diretta o indiretta. La gestione diretta è svolta per mezzo di strutture organizzative interne alle amministrazioni, mentre la gestione indiretta è attuata tramite concessione a terzi delle attività di valorizzazione da parte di Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali al fine di assicurarne un livello migliore. La scelta tra le due forme di gestione deve essere attuata mediante valutazione comparativa in termini di sostenibilità economico-finanziaria e di efficacia, sulla base di obiettivi previamente definiti.

Circa la valorizzazione dei beni culturali di proprietà privata, l’art. 113 del Codice prevede che le attività e le strutture di valorizzazione, ad iniziativa privata, di beni culturali di proprietà privata possono beneficiare del sostegno pubblico da parte dello Stato, delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali, tenendo conto della rilevanza dei beni culturali ai quali si riferiscono e stabilendo le modalità della valorizzazione con accordo da stipularsi con il soggetto privato interessato.

Al Codice occorre, altresì, fare riferimento per l’esatta individuazione della categoria dei beni culturali, anche ai fini dell’applicazione della normativa tributaria3. Secondo l’art. 2, comma 2, del Codice, per beni culturali si intendono «le cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà». Un primo gruppo di beni culturali è costituito dai beni presuntivamente culturali; si tratta delle «cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri

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enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fini di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico» (art. 10, comma 1). Detti beni, che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre 50 anni, sono considerati culturali fino a quando non sia effettuata la verifica dell’interesse culturale (art. 12, comma 1). Sono, altresì, beni culturali per legge, se appartenenti a Stato, regioni o altri enti pubblici, le raccolte di musei, gli archivi e i singoli documenti nonché le raccolte librarie (ar.10, comma 2). Inoltre, sono considerati beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione di interesse culturale: le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da Stato, enti pubblici e altri soggetti di cui al comma 1; gli archivi e i singoli documenti appartenenti a privati che rivestono interesse storico particolarmente importante; le raccolte librarie, appartenenti a privati, di eccezionale interesse culturale; le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose; le collezioni o serie di oggetti, a chiunque appartenenti, che rivestano come complesso un eccezionale interesse (art. 10, comma 3).

Il Codice stabilisce che il proprietario dei beni di interesse culturale è tenuto «a garantirne la conservazione» (art.30) e il Ministero può imporre al proprietario «gli interventi necessari per assicurare la conservazione dei beni culturali, ovvero provvedervi direttamente» (art. 32); in linea di principio, gli oneri per detti interventi, imposti o eseguiti direttamente dal Ministero, sono a carico del proprietario (art. 34).

Si è posta la questione della legittimità costituzionale delle norme tributarie che, al fine di garantire e incentivare detta tutela e valorizzazione, prevedano per i beni e le attività culturali specifiche misure di favore, derogatorie degli ordinari regimi di imposta. Con riferimento ai benefici fiscali per gli immobili di interesse storico e artistico, la Corte Costituzionale ha

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affermato4che «in considerazione del complesso di vincoli ed obblighi gravanti per legge sulla proprietà di siffatti beni, è esclusa la comparabilità della disciplina fiscale degli immobili di interesse storico o artistico con quella degli altri immobili». Inoltre, sempre a detta della Corte, le agevolazioni fiscali per tali immobili sono giustificate dalla «esigenza di equità fiscale, derivante dalla minore utilità economica che presentano i beni immobili di interesse storico o artistico, in conseguenza del complesso di vincoli e limiti cui la loro proprietà è sottoposta»5. In definitiva, «il fondamento del trattamento fiscale più favorevole riservato ai beni di interesse culturale va rinvenuto nella considerazione che la proprietà di tali beni denota una capacità contributiva ridotta, per effetto degli oneri che la normativa di settore impone ai loro titolari»6. Pertanto, le agevolazioni fiscali a favore dei beni immobili vincolati non contrastano con i principi costituzionali di capacità contributiva (art. 53) e di eguaglianza (art. 3), posto che gli oneri cui detti immobili sono soggetti comportano una capacità contributiva ridotta in capo ai titolari dei beni stessi.

Risultano, altresì, conformi al dettato costituzionale –sulla base dei principi di sussidiarietà (art. 118 Cost.) e dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale dei cittadini (artt. 2 e 4 Cost.)– le norme che prevedono incentivi fiscali diretti a favorire l’apporto di capitali e di opere da parte dei privati nella conservazione e valorizzazione dei beni culturali. A tale riguardo, in merito alla normativa in materia di destinazione del 5 per mille dell’IRPEF al finanziamento di soggetti impegnati nelle attività...

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