Evoluzione della disciplina pubblicistica in tema di apertura di agenzie di viaggi e turismo nelle politiche di semplificazione amministrativa, tra giurisprudenza costituzionale e leggi regionali

AutorDaniela Iuliano
CargoProfesora de Derecho. Università degli studi del sannio
Páginas143-153

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  1. A lungo l’esercizio delle attività di agenzia di viaggi e turismo è stato subordinato al rilascio di un provvedimento di autorizzazione amministrativa, affidato alle Regioni. Tale disciplina trova le sue origini nell’art. 9, comma 2, della l. 17 maggio 1983, n. 2171, ora abrogato. La ratio di tale scelta legislativa risiedeva nella natura pubblica delle esigenze di professionalità nello svolgimento di tale attività, che permette di considerarne legittima la subordinazione alla verifica di specifici requisiti e presupposti, nonostante ciò comprima il diritto di libera iniziativa economica di cui all’art. 41 della nostra Carta Costituzionale. Invero vi è un tentativo di bilanciare la tutela degli interessi in gioco, nettamente contrapposti, in quanto l’intervento amministrativo era considerato un intervento di mero controllo, non potendo l’autorità amministrativa demandata esercitare alcuna forma di potere discrezionale2, ma dovendosi attenere alla mera verifica dei requisiti fissati dalla relativa legge quadro sulla materia. In conseguenza di ciò qualsiasi norma regionale che si fosse discostata dalla legge statale, fissando ulteriori requisiti o condizioni per il rilascio dell’autorizzazione, sarebbe stata tacciabile di incostituzionalità. Su questi presupposti i legislatori regionali hanno definito o adattato la propria disciplina in materia. Generalmente il compito di rilasciare l’autorizzazione è stato affidato, a sua volta, agli enti locali, talvolta alle Province, talvolta ai Comuni, come nel caso, ad esempio, della Regione Marche3.

    Accanto all’autorizzazione amministrativa, l’art. 9 della l. n. 217 del 1983 disponeva, al comma 5, la necessità, al fine di aprire un’agenzia di viaggio, di ottenere il rilascio del cd. «nulla osta» da parte dell’autorità di pubblica sicurezza, con il quale si verificava la situazione penale del richiedente ai sensi degli artt. 11 e 12 del R.d. 18 giugno 1931, n. 7734(Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, o «TULPS»), adempimento non più richiesto a seguito dell’abrogazione della norma in commento.

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    Negli anni novanta si ravvisa, nell’ordinamento italiano, l’esigenza di snellire la macchina amministrativa che nel tempo era stata appesantita dalla burocrazia. Così si assiste in questi anni al cd. processo di «semplificazione amministrativa», operante sui vari fronti del sistema, centrale e locale, di cui si ricorda la nota l. 7 agosto 1990, n. 2415, attraverso la quale il legislatore è intervenuto sul tema, con un intero capo ad esso dedicato, il Capo IV, rubricato appunto «Semplificazione dell’azione amministrativa» (artt. 14 ss.). Tali nuove politiche amministrative si sono tradotte, per quanto attiene alle agenzie di viaggio, nella possibilità, per le Regioni, di istituire, in luogo dell’autorizzazione, un regime di «silenzio-assenso» o sostituire l’autorizzazione con una dichiarazione di inizio attività, o «DIA»6.

    Successivamente, alla «DIA» è stata sostituita la «Segnalazione certificata di inizio attività» o «SCIA», con l’emanazione del d.l. 31 maggio 2010, n.787, convertito con l. 30 luglio 2010, n. 1228, il cui art. 49, comma 4 bis, ha sostituito interamente l’art. 19 della l. n. 241 del 1990 che aveva introdotto la «DIA».

    Con l’entrata in vigore del d. lgs. 23 maggio 2011, n. 799(Codice del turismo), in continuità ed in coerenza con le nuove politiche di semplificazione, anche per le agenzie di viaggio viene prevista la «SCIA», per effetto del rinvio dell’art. 21 c. tur. all’art. 19 della l. n. 241 del 1990. L’art. 21 c. tur., stabiliva infatti che l’apertura, il trasferimento e le modifiche concernenti l’operatività delle agenzie di viaggi e turismo, fossero soggette alla segnalazione certificata di inizio attività10, appunto la cd. «SCIA», da realizzarsi secondo quanto disposto dall’art. 19 della l. n. 241 del 1990. Detta norma dispone che, per le attività il cui il rilascio di un’autorizzazione dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale, è sufficiente una segnalazione dell’interessato, corredata di certificazioni sostitutive di dichiarazioni, atto di notorietà e attestazioni di tecnici, quando previste dalla normativa vigente, (art.19, comma 1). L’interessato potrà iniziare l’attività già dal momento della presentazione della segnalazione (art.19, comma 2), che potrà avvenire con posta raccomandata con avviso di ricevimento, ad eccezione dei procedimenti per cui è previsto l’utilizzo esclusivo della modalità telematica, nel qual caso la segnalazione si considererà presentata al momento della ricezione da parte dell’amministrazione (art. 19, comma 1, ultimo periodo).

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    Dunque, l’atto di autorizzazione, che avrebbe richiesto un intervento attivo della pubblica amministrazione viene sostituito da una mera segnalazione, permettendo di intraprendere l’attività a prescindere da un’autorizzazione, espressa o tacita. In questo modo l’intervento attivo della p. a. diviene solo eventuale, nell’ipotesi, cioè, di accertata carenza dei requisiti e presupposti, nel qual caso, essa dovrà adottare motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi. Inoltre, laddove sia possibile conformare l’attività alla normativa vigente, l’autorità invita il privato a provvedervi, disponendo la sospensione dell’attività intrapresa e prescrivendo le misure necessarie, con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l’adozione di queste ultime. In difetto di adozione delle misure prescritte, decorso il suddetto termine, l’attività sarà considerata vietata (art.19, comma 3). Diversamente, decorsi sessanta giorni dalla presentazione della segnalazione, non sarà possibile più alcun intervento da parte dell’autorità competente, salvo il caso in cui ricorrano le condizioni previste dall’art. 21-nonies, (art. 19, comma 4), che fa salvi i provvedimenti invalidi, come appunto può essere un provvedimento di inibitoria di un’attività emanato oltre i termini, per ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole.

  2. A questo punto si pongono due interrogativi.

    In primo luogo, si potrebbe osservare che vi è una legge statale che regola aspetti amministrativi, affidati invece dalla Costituzione alle Regioni, ai sensi dell’art.117, come riformulato a seguito della riforma del 200111, suggerendo un contrasto con il dettato costituzionale. È stato osservato12, tuttavia, che così non è, in quanto l’affidamento ad una normativa statale è giustificato, e dunque legittimato, dal fatto che le disposizioni in tema di semplificazioni sono funzionali a salvaguardare la libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost., nonché la concorrenza tra le imprese turistico-ricettive ed i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, questi ultimi due entrambi tutelati dallo stesso art. 117, comma 2, Cost.. Tale orientamento è supportato, altresì, da significativa giurisprudenza costituzionale 13 che ha giustificato la

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    competenza in via esclusiva del legislatore statale, sia pure a scapito dell’autonomia regionale, in nome di un uniforme trattamento in relazione ai diritti civili e sociali da garantire a tutti i cittadini.

    Ci si chiede, in secondo luogo, se l’intervento della Corte Costituzionale del 201214, che ha abrogato, tra gli altri, l’art. 21 c. tur., consenta di ritenere comunque valida la disciplina in esso contenuta in merito all’apertura di un’agenzia di viaggio. In altre parole, ci si chiede se, nonostante la sua abrogazione, l’apertura di un’agenzia di viaggi debba comunque avvenire attraverso la presentazione della SCIA, alle condizioni, di cui all’ancora vigente art. 19 della l. n. 241 del 1990.

    Va ricordato in proposito che anche il legislatore europeo, nei primi anni del 2000, ha iniziato a ravvisare esigenze di semplificazione della complessa e sempre più ingarbugliata macchina amministrativa, alle quali ha risposto con la direttiva n. 123/2006/CE 15 , nota anche come «Direttiva Bolkestein» o «Direttiva Servizi», sulla liberalizzazione delle attività di servizio, citando in maniera esplicita le agenzie di viaggio16. La direttiva è stata emanata con lo scopo di eliminare gli ostacoli che inibiscono lo sviluppo del settore dei servizi, presenti in maniera considerevole nel mercato interno, e che impediscono ai prestatori di espandersi oltre i confini nazionali e di sfruttare appieno il

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    mercato unico 17 . Tali ostacoli, si legge nella direttiva, sono rinvenibili in un’ampia varietà di servizi, accomunati, fra gli altri, dall’essere gravati da procedure amministrative eccessivamente gravose 18 . A tal fine, secondo il legislatore europeo, dunque, era necessario che gli Stati membri stabilissero principi di semplificazione amministrativa, limitando l’obbligo di autorizzazione preliminare solo nell’ipotesi in cui fosse strettamente necessario, facendo prevalere, quando possibile, il principio della tacita autorizzazione, da parte dell’autorità competente, allo scadere di determinati termini. Ciò al fine di «eliminare i ritardi, i costi e gli effetti dissuasivi che derivano, ad esempio, da procedure non necessarie o eccessivamente complesse e onerose, dalla duplicazione delle procedure, dalle complicazioni burocratiche nella presentazione di documenti, dall’abuso di potere da parte delle autorità competenti, dai termini di risposta non precisati o eccessivamente lunghi, dalla validità limitata dell’autorizzazione rilasciata o da costi e sanzioni sproporzionati»19.

    La direttiva è stata recepita in Italia con d. lgs. 26 marzo 2010, n. 5920, dunque in attuazione di quei principi ivi contenuti tra cui quelli di libera concorrenza, pari opportunità e corretto...

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