La convenzione di pechino del 10 settembre 2010 sulla repressione di atti illeciti relativi all'aviazione civile internazionale

AutorGiovanni Marchiafava
Páginas127-138

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I Introduzione

Il 10 settembre 2010, al termine della conferenza diplomatica tenutasi a Pechino su iniziativa dell’International Civil Aviation Organization (ICAO)1, sono stati adottati da oltre ottanta Stati partecipanti, la Convenzione di Pechino sulla repressione di atti illeciti relativi all’aviazione civile internazionale (Convention on the Suppression of Unlwaful Acts Relating to International Civil Aviation) e il Protocollo di Pechino complementare alla Convenzione per la repressione della cattura illecita di aeromobili firmata all’Aia il 16 dicembre 1970 (Protocol Supplementary to the Convention for the Suppression of Unlawful Seizure of Aircraft)2.

La ragione dell’adozione della Convenzione e del Protocollo di Pechino 2010 trova il suo fondamento nella necessità avvertita dagli Stati partecipanti di aggiornare l’attuale normativa internazionale uniforme

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in materia di repressione dei delitti contro la sicurezza della navigazione aerea, essendo ormai trascorsi oltre quaranta anni dall’entrata in vigore delle Convenzioni dell’Aia del 1970 e di Montreal del 1971. Tale esigenza di aggiornamento è emersa anche di recente a seguito dei risultati dello studio svolto dall’ICAO Aviation Security Panel sulle criticità delle misure adottate per affrontare le nuove ed emergenti minacce per l’aviazione civile: terrorismo informatico, biologico, chimico e nucleare3.

L’evoluzione delle condotte criminali contro la sicurezza della navigazione aerea e, più in generale, il mutamento delle loro finalità rendono l’attuale normativa internazionale in materia non più idonea sia sotto il profilo normativo che rispetto all’azione di prevenzione e dissuasione.

La Convenzione e il Protocollo di Pechino 2010 sono quindi destinati in breve tempo a sostituire rispettivamente l’omonima Convenzione di Montreal del 19714 integrata dal Protocollo di Montreal del 19885 e a modificare la Convenzione dell’Aia del 19706 per la repressione della cattura illecita di aeromobili. In proposito, si osserva che ad oggi la Convenzione e il Protocollo di Pechino 2010 sono stati già sottoscritti rispettivamente da trentadue e dodici Stati7. Per l’entrata in vigore di entrambi i suddetti accordi internazionali sono necessarie ventidue ratifiche, accettazioni, approvazione o adesioni8.

II Cenni sulla normativa internazionale in materia di repressione dei delitti diretti contro la sicurezza della navigazione aerea

La Convenzione di Tokyo del 14 settembre 1963 sui reati commessi o gli atti compiuti a bordo di un aeromobile9 costituisce il primo stru-

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mento convenzionale internazionale adottato in materia di sicurezza della navigazione aerea. La Convenzione di Tokyo si applica alle condotte criminose e agli atti compiuti a bordo di un aeromobile immatricolato in uno degli Stati aderenti, mentre detto aeromobile si trova in volo o alla superficie dell’alto mare o di una regione che non è parte di alcuno Stato10.

Alla Convenzione di Tokyo del 1963 è attribuito il merito di avere introdotto una precisa nozione di dirottamento illecito di aeromobile e previsto a carico degli Stati aderenti una serie di obblighi, tra i quali tuttavia non vi è l’obbligo di qualificare penalmente la cattura dell’aeromobile11.

Riguardo alla definizione di capture illecite d’aéronef, ai sensi dell’art. 11 della Convenzione di Tokyo, commette un reato chi, agendo in modo violento ed illecito a bordo di un aeromobile in volo, interferisce, s’impossessa o compie altri atti di interferenza nella navigazione aerea12.

Secondo quanto stabilito nella Convenzione in questione, la competenza a conoscere gli atti commessi a bordo dell’aeromobile spetta unicamente allo Stato di immatricolazione dello stesso aeromobile. Ad uno Stato diverso da quello di immatricolazione è consentito esercitare la propria giurisdizione qualora sussista un nesso tra lo stesso Stato ed il reato.

Sebbene la Convenzione di Tokyo abbia avuto un ruolo decisivo per lo sviluppo della normativa internazionale in tema di reati diretti contro la sicurezza della navigazione aerea, anche per quanto riguarda la protezione dell’equipaggio e dei passeggeri dell’aeromobile dirottato, essa non può essere considerata idonea sotto il profilo della prevenzione e repressione di tali reati. In effetti, la decisione di qualificare come reati gli atti contro l’aviazione civile internazionale è rimessa alla decisione discrezionale degli Stati contraenti.

Successivamente alla Convenzione di Tokyo sono state adottate rispettivamente la Convenzione dell’Aia del 16 dicembre 1970 per la repressione della cattura illecita di aeromobili e la Convenzione di Montreal del 23 settembre 1971 per la repressione di altri atti illeciti contro la sicurezza dell’aviazione civile13.

Entrambe le Convenzioni hanno rappresentato, all’epoca della loro adozione, una risposta puntuale ed efficace per prevenire e reprimere gli atti illeciti contro la sicurezza dell’aviazione civile internazionale. Esse definiscono e delimitano le condotte criminose oggetto delle rispettive normative e impongono agli Stati aderenti di qualificarle come penal-mente rilevanti, prevedendo all’interno dei rispettivi ordinamenti giu-

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ridici severe sanzioni14. Peraltro, dette Convenzioni stabiliscono per alcuni Stati contraenti l’obbligo di esercitare la loro competenza giurisdizionale nei confronti del responsabile di un atto illecito oggetto della loro disciplina15.

In particolare, la Convenzione dell’Aia si caratterizza per avere affrontato alcune questioni lasciate insolute dalla Convenzione di Tokyo e garantito l’effettivo esercizio della giurisdizione da parte di più Stati contraenti nei confronti dei colpevoli nonché imposto un’uniforme qualificazione degli atti illeciti diretti contro la sicurezza della navigazione aerea16. Al riguardo, la Convenzione dell’Aia disciplina esclusivamente gli atti di capture illecite d’aéronef, di cui peraltro adotta una nozione più compiuta rispetto a quella riportata nella suddetta Convenzione di Tokyo limitata al mantenimento o alla reintegrazione del controllo dell’aeromo-bile al suo legittimo comandante e a consentire ai passeggeri e all’equipaggio la ripresa del viaggio e la restituzione del carico e dell’aeromobile agli aventi diritto17. L’ipotesi di cattura illecita di aeromobile ricorre, ai sensi dell’art. 1 della Convezione dell’Aia, quando «a bordo dell’aeromo-bile in volo una persona illecitamente e con violenza o minaccia di violenza s’impadronisce di tale aeromobile e ne esercita il controllo o tenta di commettere uno di tali atti, oppure è complice di una persona che commette o tenta di commettere uno di tali atti». Inoltre, la Convezione dell’Aia ha previsto una più ampia definizione di aeromobile in volo, così da consentire di estendere il suo ambito di applicazione ad un numero maggiore di fattispecie criminose18. La Convenzione in parola si applica solo nell’ipotesi in cui il luogo di decollo e di atterraggio effettivo dell’aeromobile a bordo del quale è commesso l’atto illecito si trovi al di fuori dello Stato di immatricolazione di detto aeromobile, indipendentemente dal carattere internazionale o nazionale del volo19. D’altra parte, la Convenzione adotta un sistema di giurisdizioni concorrenti che obbliga di-

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versi Stati aderenti ad esercitare la propria giurisdizione sui reati contro la navigazione aerea. In ogni caso, al fine di garantire l’effettiva azione penale nei confronti dell’autore di detti reati, è stato introdotto per la prima volta il principio della giurisdizione cosiddetta «universale», applicabile limitatamente agli Stati contraenti, in base al quale ciascuno Stato deve assumere tutte le misure necessarie per stabilire la propria competenza a conoscere le condotte criminose contro l’aviazione civile. La Convenzione dell’Aia ha altresì introdotto il principio della non obbligatorietà dell’estradizione20, avvalendosi del criterio cosiddetto aut dedere aut punire, secondo il quale ciascuno Stato contraente è tenuto a esercitare l’azione penale nei confronti del responsabile dell’atto illecito, qualora non sia stata concessa l’estradizione.

La Convenzione di Montreal del 23 settembre 1971, sulla repressione degli atti illeciti diretti contro la sicurezza dell’aviazione civile, ha integrato la Convenzione dell’Aia del 1970, ampliando la figura dell’atto illecito contro la sicurezza della navigazione21. In effetti, detta Convenzione non si applica all’illecita cattura dell’aeromobile o all’illecito esercizio del controllo dell’aeromobile, bensì agli atti di violenza nei confronti di persone a bordo dell’aeromobile o all’interno di infrastrutture aeroportuali, alla distruzione e al danneggiamento di aeromobili in servizio, di impianti o servizi di navigazione aerea nonché alla comunicazione di false informazioni in grado di porre in pericolo la sicurezza del volo. La Convenzione in esame considera penalmente rilevanti anche le ipotesi di tentativo di compimento della condotta criminosa e di concorso di più persone alla realizzazione della condotta stessa22. D’altra parte, la Convenzione di Montreal del 1971 ha esteso i suoi limiti applicativi anche sotto il profilo spaziale e temporale attraverso la previsione della nozione di aeromobile in servizio23 accanto a quella di aeromobile in volo, peraltro inclusa nella prima24. Infine, per quanto attiene alla giurisdizione e l’estradizione, la Convenzione di Montreal del 1971 non ha apportato sostanziali novità rispetto a quanto già previsto dalla Convenzione dell’Aia del 1970 se non riguardo all’obbligo da parte degli Stati contraenti di adottare ragionevoli misure di prevenzione dei reati in questione e...

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