Cittadinanza e storiografia: qualche riflessione metodologica

AutorPietro Costa
CargoProfesor de Storia del diritto medievale e moderno en la Università di Firenze
Páginas77-89

Pietro Costa

    Profesor de Storia del diritto medievale e moderno en la Università di Firenze. Es redactor de la revista «Quaderni Fiorentini». Entre sus obras se encuentran: Iurisdictio. Semantica del potere politico nella pubblicistica medievale, Giuffrè, Milano 1969 (rist. 2002); Il progetto giuridico, Giuffrè, Milano 1974; Lo Stato immaginario, Giuffrè, Milano 1986; Civitas. Storia della cittadinanza in Europa, voll. 1-4, Laterza, Roma-Bari 1999-2001. Ha dirigido, junto con Danilo Zolo, el volumen Lo Stato di diritto. Storia, teoria, critica, Feltrinelli, Milano 2002.

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I Cenni introduttivi
  1. Che cosa significa fare storia della cittadinanza? Per rispondere a questa domanda il metodo più raccomandabile potrebbe apparire l'affidarsi all'esperienza, piuttosto che alla teoria, e impegnarsi in una rassegna delle opere (saggi e monografie) che in anni più o meno recenti, nel mondo anglosassone come nei paesi dell'Europa continentale, si sono volte a studiare qualche aspetto della cittadinanza nel suo divenire storico. Temo però che un siffatto approccio avrebbe una sicura utilità informativa, ma finirebbe per risultare frustrante nei confronti della domanda che ci stiamo ponendo. La varietà delle prospettive di metodo, dei contesti analizzati, dei profili ricostruiti, infatti, è tale da rendere difficile trarre qualche indicazione di carattere più generale. Tenterò quindi di seguire una via forse più arida, ma, spero, più diretta interrogandomi sui problemi (di metodo e di oggetto) suggeritimi dalla mia concreta esperienza di ricerca. L'intenzione non è ovviamente quella di trasformare la mia esperienza soggettiva in una norma di carattere generale: il mio obiettivo è soltanto quella di esplicitare i problemi di carattere più generale cui la 'ricerca sul campo' mi ha posto di fronte.

II Vecchi e nuovi significati di 'cittadinanza'
  1. In prima approssimazione, potrebbe sembrare che la storia della cittadinanza non si differenzi sostanzialmente dalle tante storie dedicate a quelli che potremmo chiamare i 'grandi concetti' della cultura politicogiuridica europea: 'democrazia', 'libertà', 'rappresentanza' ecc. Se anche così fosse, non per questo però sarebbero trascurabili i problemi di metodo che ogni 'storia concettuale' pone di fronte e sui quali occorrerà tornare. La mia impressione è però che una storia della cittadinanza, accanto ai problemi che essa è destinata a condividere con altre 'storie' (per così dire) parallele (la storia della libertà, della democrazia ecc.), presenti alcune peculiarità legate alla recente storia di questo termine.

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  2. Il successo e la diffusione del termine 'cittadinanza' appartengono approssimativamente all'ultimo ventennio del secolo scorso. Nel lessico italiano (ma l'osservazione può essere estesa ad altre lingue europee) fino a tempi recenti l'espressione 'cittadinanza' (nel lessico specialistico dei giuristi come nel linguaggio comune) era caratterizzata da uno spettro semantico abbastanza limitato: la si usava per indicare l'ascrizione di un soggetto all'uno o all'altro Stato nazionale e i problemi teorici ad essa collegati erano principalmente i problemi (studiati dai cultori di diritto internazionale) legati alla perdita o all'acquisto della qualità di 'cittadino' di un determinato Stato.

  3. Il tentativo di ri-definire e dilatare il senso del termine 'cittadinanza' si afferma nel lessico sociologico e filosofico-politico grazie al successo di un saggio del sociologo inglese Thomas Humphrey Marshall, Citizenship and social class, pubblicato nel 19501. L'obiettivo di Marshall era offrire una rapida e schematica visione delle trasformazioni della società moderna, caratterizzata, a suo avviso, da una crescente partecipazione e integrazione delle classi subalterne e lo schema concettuale da lui impiegato coincide appunto con un diverso impiego del concetto di 'cittadinanza'. Nel lessico di Marshall, 'cittadinanza' non è più un semplice cartello identificativo della 'nazionalità' di un individuo: essa piuttosto include tutti gli indicatori necessari a cogliere il rapporto effettivo che intercorre fra un individuo e la società di cui fa parte.

  4. La cittadinanza implica in primo luogo il senso dell'appartenenza a una comunità politica. Questa appartenenza però, secondo Marshall, è, nell'età moderna, inseparabile da un'articolata serie di diritti nei quali essa si realizza: la cittadinanza, oggi, «si è arricchita di nuova sostanza ed è stata investita di un formidabile apparato di diritti». Appartenenza e diritti, dunque, costituiscono per Marshall le componenti di quella 'cittadinanza' che egli assume come criterio di lettura della recente storia europea.

  5. Le ragioni del successo della proposta marshalliana sono molteplici. Occorre tener presente la crisi del marxismo teorico, ormai consumata nel corso degli anni Ottanta, e la conseguente possibilità di riscoprire, senza incertezze e remore, l'importanza (anche politica e 'strategica') dei diritti (e della 'lotta per i diritti'), mentre, da un altro punto di vista, l'insistenza di Marshall sulla necessità di tradurre l'appartenenza a una comunità politica nella partecipazione di tutti al retaggio comune appariva un'efficace risposta all'incombente crisi dello Stato sociale.

  6. Quali che siano comunque le cause del successo del termine 'cittadinanza', la sua diffusione nel lessico filosofico-politico, e, più in generale, nel discorso pubblico odierno, è indubitabile. E una controprova sicura è offerta dall'impennata di pubblicazioni dedicata alla cittadinanza nella letteratura specializzata di diverse discipline, dalla politologia alla sociologia, dalla filosofia politica alla storiografia.

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  7. Siamo di fronte a contributi eterogenei, legati a prospettive disciplinari (e quindi a esigenze conoscitive) diverse, tanto da rendere difficile l'individuazione di profili comuni. Mi sentirei di indicare soltanto due tratti generali: da un lato, la condivisione di quel processo di ri-definizione ed estensione semantica del termine che aveva ricevuto da Marshall un impulso determinante; dall'altro lato, una frequente (anche se non universalmente condivisa) enfasi 'valutativa': un impiego del termine 'cittadinanza' non già assiologicamente neutro, ma eticamente e politicamente sovraccarico. Lo stesso saggio di Marshall, peraltro, si presta ad essere letto non soltanto come un'analisi storico-sociologica, ma anche come una proposta etico-politica. È quindi frequente nel dibattito contemporaneo un impiego 'normativo' del termine 'cittadinanza', usato per sottolineare la necessità di garantire a tutti l'accesso alle risorse sociali oppure per svolgere considerazioni di carattere etico sulla partecipazione dei cittadini alla comunità politica.

  8. È a partire da questa sovrabbondanza di aspettative e di significati coagulati intorno al termine 'cittadinanza' che comprensibilmente anche la storiografia ha preso le mosse. Non vi sarebbe stato il recente fiorire di studi storici sulla cittadinanza senza le sollecitazioni provenienti dal dibattito politico-culturale complessivo tuttora in corso; è però altrettanto indiscutibile che, nel momento in cui la cittadinanza, da tema di dibattito etico-politico e filosofico-politico, si trasforma in un 'programma di ricerca' di carattere storiografico, emergono problemi di metodo e di definizione di oggetto peculiari, caratteristici di quella singolare operazione intellettuale che chiamiamo 'storiografia'.

  9. Quali sono dunque i principali problemi metodologici e sostantivi posti da una storia della cittadinanza (per così dire) post-marshalliana?

III Storia delle parole e storia dei concetti
  1. In prima approssimazione, la storia della cittadinanza sembra presentarsi come la storia di una parola. Essa potrebbe quindi essere riferita ad una branca specifica della storiografia: la storia semantica o la storia lessicale. Il programma di ricerca di una 'storia della cittadinanza' potrebbe essere quindi la determinazione dei significati che la parola 'cittadinanza' (e le parole corrispondenti nelle diverse lingue considerate) assumono in diversi contesti storico-culturali.

  2. Ora, non c'è dubbio che la lessicologia è una componente fondamentale della storiografia. Possiamo però risolvere senza residui la storia della cittadinanza nella storia semantica del termine 'cittadinanza' (ciudadania, citoyenneté, citizenship ecc.)? O piuttosto occorre introdurre una distinzione programmatica fra 'storia delle parole' e 'storia dei concetti', fra storia semantica e storia concettuale?

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  3. L'impostazione di Koselleck (cui si deve il varo e la realizzazione della grande opera collettiva dei Geschichtliche Grundbegriffe2) è, al proposito, netta e chiara: non si dà una precisa sovrapposizione fra parole e concetti, tanto che la storia concettuale è qualcosa di diverso e di ulteriore rispetto ad una semplice storia lessicale.

  4. Per Koselleck non esiste un'obbligata corrispondenza fra la parola e il concetto. «Ogni concetto - scrive Koselleck - è legato a una parola, ma non tutte le parole sono concetti sociali e...

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